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Referendum

Il 2 giugno 1946 si svolse in Italia il primo referendum istituzionale con il quale i cittadini furono chiamati a scegliere tra repubblica e monarchia.

Le tipologie di referendum ammontano a quattro:

  • il referendum abrogativo di leggi e atti aventi forza di legge(articolo 75),
  • il referendum sulle leggi costituzionalie di revisione costituzionale (articolo 138),
  • il referendum riguardante la fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove regioni (articolo 132 comma 1),
  • il referendum riguardante il passaggio da una Regione a un’altra di Province o Comuni (articolo 132 comma 2).

Altri referendum a livello comunale e provinciale sono poi previsti da fonti sub-costituzionali.

L’articolo 123 comma 1 della Costituzione italiana prevede che gli statuti regionali regolino l’esercizio del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione.

La disciplina normativa dei requisiti e del procedimento è costituita, oltre che dalla Costituzione, anche dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e da sentenze della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana.

Si differenzia dal plebiscito, in quanto il suo uso è regolamentato e può anche essere frequente. Il testo costituzionale prevede fondamentalmente tre tipologie di referendum: abrogativo, territoriale e costituzionale.

Le richieste di referendum sono soggette a un duplice controllo, il primo, di tipo meramente tecnico, da parte dell’Ufficio centrale per il referendum, organo istituito dalla legge n. 352/1970. Al controllo svolto dall’Ufficio centrale fa quindi seguito il giudizio circa l’ammissibilità delle richieste, spettante alla Corte costituzionale così come disposto dalla legge cost. n. 1/1953, ruolo questo che va quindi ad aggiungersi a quelli già previsti dall’art. 134 cost.

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Referendum abrogativo

L’articolo 75 della Costituzione riserva l’iniziativa referendaria ai cittadini (500.000 elettori) o alle Regioni (5 Consigli regionali), questi possono proporre all’elettorato “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”, dove per legge si deve intendere una legge in senso formale, approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario, e per “atto avente valore di legge” un decreto legge (approvato dal governo in casi eccezionali di necessità e di urgenza e convertito entro 60 giorni dal parlamento) o un decreto legislativo (adottato dal governo su delega parlamentare). Il quorum indica il numero minimo di elettori che devono partecipare alla votazione perché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto. L’articolo 75 stabilisce inoltre che deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Non tutte le leggi possono essere oggetto di abrogazione tramite referendum: alcune materie sono sottratte dal secondo comma dello stesso art. 75 della Costituzione dall’azione dell’istituto. La disposizione costituzionale cita espressamente “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. In più non è possibile abrogare mediante referendum disposizioni costituzionali, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo mediante il procedimento aggravato previsto dall’art. 138 Cost. La Corte Costituzionale, che deve pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del referendum, ha esteso l’elenco ritenendo inammissibili referendum che non abbiano oggetto unitario o il cui esito positivo paralizzerebbe l’attività di un organo costituzionale, determinando un vuoto legislativo.

Referendum costituzionale

L’art. 138 della Costituzione prevede la possibilità di richiedere il referendum costituzionale dopo la seconda votazione da parte delle camere di una legge di revisione costituzionale o di una legge costituzionale. Le camere in seconda deliberazione devono raggiungere la maggioranza assoluta, cioè è necessario il voto favorevole del 50 % più 1 dei componenti la Camera. Qualora si raggiunga, in entrambe le Camere, la maggioranza qualificata dei 2/3 dei componenti di ogni Camera non sarà possibile richiedere il referendum.

La richiesta può essere presentata da un quinto dei membri di una Camera, da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Decorso questo periodo, il Capo dello Stato, entro sessanta giorni, fissa con un decreto la data della consultazione, che deve avvenire tra il 50* e il 70* giorno successivo al decreto di emanazione.[5]

In questo tipo di referendum non è previsto un quorum (numero minimo di votanti affinché il referendum sia valido). La legge viene promulgata, se i voti favorevoli superano quelli sfavorevoli.

La procedura per lo svolgimento del referendum costituzionale è disciplinata dal titolo I della legge 25 maggio 1970, n. 352. Fino al 1970, infatti, non era richiedibile il referendum costituzionale, essendo assente qualunque legge disciplinante tale istituto, e quindi fino ad allora per ogni revisione e legge costituzionale si è raggiunta in seconda delibera la maggioranza qualificata.

Referendum regionali

Ai sensi della legge 352/1970 il referendum per la fusione fra regioni dovrà essere richiesta da almeno tanti consigli comunali che rappresentino 1/3 della popolazione delle regioni interessate. Il Referendum sarà indetto nei territori delle regioni interessate, e la sua approvazione, a maggioranza assoluta dei voti, avrà fine con l’emanazione di una legge Cost. Nel caso di distacco di una o più province o uno o più comuni per la formazione di nuove regioni, il referendum dovrà essere richiesto da Consiglio regionali e comunali che rappresentino 1/3 della popolazione del territorio richiedente il distacco e 1/3 del territorio che rimarrebbe distaccato dal primo. Il referendum è indetto nel territorio della Regione o della Provincia dal quale ci si vuole distaccare, e la votazione positiva a maggioranza assoluta avrebbe come conclusione l’approvazione con una legge Cost. Invece per annettere Province o Comuni a una regione già preesistente, il referendum dovrà essere richiesto oltre che da 1/3 dei Consigli prov. e comun. del territorio volente aggregarsi, da 1/3 dei Consigli prov. e comun. della Regione a cui annettersi. In caso di esito positivo, la procedura finirà con l’emanazione di una legge ordinaria.

Ai sensi dell’art. 123, comma 1 della Costituzione sono possibili Referendum regionali su leggi e provvedimenti amministrativi delle Regioni; ai sensi del comma 3 sono previsti Referendum confermativi su eventuali modifiche dei rispettivi Statuti regionali.

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