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1944-2014 RITORNO ALLA DEMOCRAZIA MUNICIPALE

 

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COMUNE DI SIMERI CRICHI

Provincia di Catanzaro

 

 

1944-2014

RITORNO ALLA DEMOCRAZIA MUNICIPALE

 

 70° anniversario della Resistenza, della Guerra di Liberazione, delle Deportazioni e degli Internamenti di militari e civili nei lager nazisti. Consegna alle nuove generazioni della memoria degli eventi che hanno caratterizzato il ritorno alla democrazia municipale, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, perché i valori della liberta continuino a sostenere e orientare il presente.

 

RELAZIONE DEL SINDACO

La liberazione della Calabria dal nazifascismo fu realizzata principalmente sotto forma di occupazione militare da parte dei contingenti angloamericani, a cominciare dallo sbarco in Sicilia e poi in Calabria e dall’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943, tenuto segreto fino all’8, giorno dello sbarco americano nel Golfo di Salerno. Quasi contestualmente, braccianti e contadini poveri riprendevano l’occupazione delle terre incolte o mal coltivate e la rivendica dei loro diritti sulle terre comuni. Dopo il proclama Badoglio dell’8 settembre e il successivo sbandamento delle truppe in armi, alcuni nostri concittadini aderirono al Fronte Unico della Libertà o presero la via delle montagne per unirsi alle brigate partigiane del Corpo Volontari della Libertà. Solo qualcuno aderì alla RSI di Salò.

La lotta di Liberazione, pur concentrata operativamente al Nord, vide molti militari e civili meridionali tra i suoi protagonisti, come i 3 ufficiali catanzaresi del regio esercito insigniti di medaglia d’oro al valore militare alla memoria (Aldo Barbaro, Vinicio Cortese e Saverio Papandrea) e diversi partigiani, come il comandante “Frico

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Comandante “FRICO”, secondo da sx                      

 

 

e i nostri concittadini Gilberto Folino, Giuseppe Coppoletta e Giuseppe Ercolano o gli internati nei lager nazisti Felice Giovanni Giulino, Giuseppe Genovese e Antonio Aveta.

Ben 700.000 italiani furono deportati in Germania e impiegati forzatamente nell’industria bellica, etichettati dal Terzo Reich come  IMI (Internati Militari Italiani) e non come prigionieri di guerra, per privarli delle garanzie  della Convenzione di Ginevra del 1929 e dell’assistenza della Croce Rossa Internazionale.

La retorica del ventennio mussoliniano aveva disabituato la popolazione al costume democratico, rendendo difficoltosi e contraddittori anche i primi passi della ripresa del ’44-’46, caratterizzati da una consistente dose di trasformismo.

Le famiglie più in vista del paese si “riposizionarono” anche nel nuovo sistema politico: la signora Rosa Casanova (moglie del segretario politico del PNF locale, De Nicolò) fu eletta segretaria della sezione femminile della Democrazia Cristiana.  In un momento di grave crisi e di rivolgimenti sociali epocali, l’eredità del vecchio regime in Calabria è stato così riassunto: il 68% della popolazione attiva era assorbito dall’agricoltura, il 20% dall’industria e dall’artigianato, il 5% dal commercio e il restante 7% dai servizi e dalla pubblica amministrazione.

Il 58% dei lavoratori agricoli era impiegato per 40 ore settimanali con  un salario giornaliero medio di 46 lire in montagna e 37 lire in collina e in pianura (solo 14 lire le donne). Il prezzo del pane era di 3 lire al chilo, della carne 50 lire e dell’olio 18 lire; la disoccupazione era superiore al 37%, gli analfabeti superavano le 700.000 unità. La drammatica condizione del mercato del lavoro acuì le tensioni sociali, in un’area pesantemente colpita dalla crisi generale. Bisognava ripartire dalle rovine della guerra per dare vita a un nuovo modello di sviluppo economico, politico e sociale

Il 27 agosto 1943 le Fortezze Volanti Alleate bombardarono Catanzaro, sede del XXXI Corpo d’Armata Italiana, provocando ingenti danni, diversi morti e numerosi feriti.

Il segretario federale del PNF Francesco Maria Barracu lasciava la città per raggiungere Mussolini e la Repubblica Sociale di Salò, sul lago di Garda.

Al comando del generale Kesserling, era giunta in città la Divisione Corazzata Hermann Goering con i suoi carri armati “Tigre”, col compito di rallentare l’avanzata dell’8.a Armata Alleata, sbarcata a Reggio il 3 settembre. Alcune centinaia di soldati della 29.a corazzata tedesca si erano accampate a Bellomo di Crichi e avevano sistemato un’antenna ricetrasmittente nell’orto Scalise, a 590 mslm.

Già dal 1940 al podestà di Simeri Crichi l’avv. Silvio Cimino era subentrato il brigadiere Michele De Nicolò (già segretario politico del PNF), che nel ’43 veniva sostituito da un commissario per la straordinaria amministrazione, nella persona del sig. Gaetano Scalise, fratello del parroco don Antonio, già segretario provinciale del PPI. Segretario comunale era il notaio Angelo Talarico, il quale aveva sostituito il  rag. Attilio Valenti, a sua volta subentrato al dott. Giuseppe Cesareo.

A febbraio del 1944, gli Alleati bombardarono l’Abbazia benedettina di Cassino, dove le truppe tedesche opponevano un’ultima resistenza: 70.000 sfollati venivano smistati nella provincia di Catanzaro e affidati a un Comitato di Assistenza Comunale. Il CAC di Simeri Crichi era presieduto dal commissario prefettizio di nomina alleata Vitaliano Opipari (fratello di Paolo, medaglia d’argento al VM, di Zagarise), da 3 possidenti, dal medico condotto dott. Francesco Placida (subentrato nel ’36 al dott. Cortese), dal farmacista Luigi Sinclitico, dal maestro Pietro Placida, dal tesoriere Riccardo Colao, dall’appaltatore delle imposte di consumo Pietro Aguzzi (poi sostituito da Francesco Lopez) e dalla levatrice condotta Nicolina Pignataro (aveva sostituito nel ’43 Simonini Aurora in Paucci).

 

La pianta organica comunale risultava così composta:

  • notaio Angelo Talarico, segretario
  • Salvatore Alessandro, applicato
  • Cardinale Giuseppe, guardia municipale
  • dott. Francesco Placida, medico condotto
  • Nicolina Pignataro, ostetrica condotta (nel ’45 le subentrò la fiorentina Olga Marianelli)
  • Luigi Canino, custode del cimitero (gli subentrò Nicola Lostumbo).
  • Francesco Colao, spazzino
  • Giovanna Mirante, bidella
  • Antonio Grande, messo (succedeva a  Enrico Sculco)
  • Orlando Paparelli, guardia fuoco.

 

Avevano fatto parte della P.O. i giovani Elio Tiriolo  e Liborio  Russetti, impiegati di concetto a tempo determinato: diversi anni dopo, entrambi hanno ricoperto la carica di sindaco del Comune, sostituiti nelle mansioni di scrivano-dattilografi da Giuseppe De Salazar e Giuseppe Ferrarelli.

La sede municipale accoglieva anche l’Ufficio di Conciliazione: ultimo giudice conciliatore è stato l’avv. Marcello Giovene.

 Intanto i poteri del Governo Militare Alleato per i Territori Occupati (AMGOT)) passavano formalmente all’amministrazione italiana, cioè al Regno del Sud del principe Umberto di Savoia e al Governo di Pietro Badoglio: a Catanzaro, al prefetto Monzoni subentrava il marchese Falcone Lucifero.

Durante le “Quattro giornate di Napoli” (27-30 settembre ’43), le truppe tedesche venivano cacciate dal capoluogo campano; il successivo 24 marzo fu perpetrato l’eccidio delle “fosse Ardeatine”, ma il 4 giugno dello stesso anno 1944 le truppe angloamericane operavano lo sbarco in Normandia, per l’attacco finale alle potenze dell’Asse.

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Intanto, da Salerno veniva promulgato il regio decreto legge 111 del 4.4.1944, che dettava norme transitorie per l’amministrazione dei Comuni e delle Province, nelle more dell’indizione di libere elezioni amministrative, per il ripristino dei vecchi ordinamenti amministrativi locali. L’art. 1 prescriveva :“Ogni Comune ha un Sindaco e una Giunta Municipale… nominati dal Prefetto”.

Con decreto del 25.8.1944 e col beneplacito del Governo Militare Alleato, il Prefetto decretava il passaggio del Comune alla “regolare amministrazione ordinaria”, con la nomina a sindaco del sig. Angelo Grande, coadiuvato dagli assessori Tommaso Elia e Michele Mosca, oltre che dal delegato di Simeri Giuseppe Battaglia.

Ancora il Comune non era un vero strumento di autogoverno della comunità locale, ma piuttosto un ente ausiliario dello Stato, ancora diviso e militarmente occupato.

Si tramanda che il Governatore Militare della Calabria, presente alla cerimonia d’insediamento, avesse raccomandato: “Bisogna pulire la casa … La presente investitura rappresenta la chiusura definitiva di una triste parentesi della vita delle istituzioni libere. La democrazia entra sovrana in questa casa comune dei cittadini, o meglio vi torna dopo 20 anni d’esilio:.. Torna in una delle 262 colonie di confino politico italiane, di cui 80 calabresi”.

Qualche anziano ricorda ancora i confinati politici di Crichi, persone che il regime considerava pericolose per la sicurezza pubblica o per l’ordine nazionale, pur in assenza di condanne e finanche di processo penale.

La cartella biografica più importante era quella del conte Paolo di Verdun di Cantogno (frazione di Villafranca di Piemonte), già capitano d’artiglieria dell’esercito reale, magistrato a Torino;

napoletani erano l’avvocato Pascariella e il commerciante Cioffi, torinese invece era il nobile Marino e savonese il matematico Muscoliati. Il più modesto Pietro Giorgi, invece, non disdegnava di fare il banditore per qualche centesimo.

Nel ’45, il Tribunale Militare Territoriale della Calabria (con sede a Catanzaro) rassegnava una sentenza di parziale clemenza  nei confronti del “Gruppo degli 88” attivisti fascisti clandestini

Intanto, il primo settembre 1945, il nuovo prefetto Federico Solimena nominava commissario prefettizio del comune di Simeri Crichi il sig. Eugenio Paucci, fino alle elezioni amministrative a suffragio universale del 1946. Era assistito dal segretario comunale Pasquale Mazzei.

Il primo Consiglio Comunale liberamente eletto  – per la prima volta anche col voto delle donne  –   risultò così composto:

Giuseppe Perrone, Domenico Mirante, Tommaso Pollinzi, Crispino Cosco, Colao Giuseppe, Bomprezzi Ezio, Battaglia Giuseppe, Canino Nicola, Peronaci Vito, Scalise Emilio, Sicilia Pietro, Mazzariol Pietro, Nicola Lopez, Giulino Crispino, Chiarella Giuseppe.

Il tirocinio con la prassi democratica risultò alquanto difficoltoso, se si considera  che durante i 4 anni della prima consigliatura si avvicendarono nella carica di sindaco l’avv. Giuseppe Perrone e i sgg. Domenico Mirante, Tommaso Pollinzi e Crispino Cosco. Nel 1951 fu eletto sindaco il dott. Filippo De Salazar (sostituito nel 1953 da Antonio Elia e nel ’56 da Marcello Mirante).

Al Referendum istituzionale, la Repubblica ottenne 585 voti a fronte dei 535 della Monarchia, sostenuta dagli Inglesi e da diversi esponenti del clero calabrese.

Nel frattempo si riorganizzavano le formazioni politiche, come il Partito comunista del sarto Raffaele Chiarella), la Democrazia Cristiana di Leonardo Elia, il partito  socialista Italiano e la coalizione di destra del  BNL (Blocco Nazionale della Libertà, comprendente i Liberali e i Monarchici).

Sin da settembre del ’43 e ancor prima dell’emanazione dei Decreti Gullo, erano riprese le lotte per l’occupazione delle terre incolte da parte delle cooperative rosse della Federterra di Pasquale Poerio, di quelle bianche delle Acli e di don Carlo De Cardona  e don Francesco Caporale, della locale Società Cooperativa Produzione-Lavoro-Consumo, dalla Società Agricola ispirata dal parroco Scalise e dell’Unione Cooperativa Consumo e Lavoro, di cui fu primo presidente il mugnaio Michele Mosca, seguito da Fedele Grande, Francesco Lorenzo, Silverio Vono, Giuseppe Messina.

A Simeri fu costituita la Società Cooperativa Bandiera Rossa, presidente Sebastiano Caruso, poi trasformata in Bandiera Tricolore, presidente Raffaele Primo. Per qualche tempo rimase attivo anche il Monte Frumentario, con la finalità principale di anticipare le sementi ai contadini.

Dal 1944 al 1946 vennero assegnate alle cooperative calabresi 58.241 ettari di terre incolte. Con l’istituzione dell’Opera Valorizzazione Sila furono espropriati circa 75.000 ettari di terreni e costruiti 24 borghi rurali e 4.736 casette per gli assegnatari.

La riforma agraria doveva rappresentare l’affrancamento dei contadini dalle odiose forme di servitù semifeudali, ma alla lunga i piani di colonizzazione sono risultati fallimentari, con poderi abbandonati o riconvertiti nel comparto turistico. Il resto è storia di rimesse degli emigrati e di sviluppo diseguale col Nord del Paese, che reclama un’energica azione di riequilibrio.

Ha retto invece il modello elettorale, che consente ai cittadini di scegliere e cambiare i propri amministratori locali. Il ritorno alla legalità democratica di 70 anni fa rappresenta una conquista dei nostri padri, che noi dobbiamo difendere, tutelare e valorizzare.

A tutti i protagonisti di quella nostra storia locale va oggi il corale ricordo e la riconoscenza imperitura.

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