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LA CHIESA E IL TERREMOTO DEL 1783

Stato Feudale di Simeri e dintorni  

LA CHIESA E IL TERREMOTO DEL 1783

di Marcello Barberio

“L’orribile e inaspettata carestia del 1734 aveva ridotto il Regno presso a morir di fame e fatto ripiombare la Calabria in uno stato di anarchia e di inquietudine”, annotava nelle sue “Memorie” Domenico Grimaldi. Tre anni dopo, esattamente il 19 dicembre del 1737, il vescovo di Catanzaro, monsignor Ottavio da Pozzo (1736-1751), giungeva a Simeri per la prevista visita pastorale (1), accolto da una gran folla di fedeli, dalla nobiltà locale e dall’intero Capitolo della Chiesa Collegiata, intitolata alla Beata Maria Vergine Assunta in Cielo o di Santa Maria dell’Itria (2). “L’arciprete attende alla cura delle anime di tutti gli abitanti di questa Terra Superiore. Nella Terra Inferiore sono attive quattro parrocchie, aventi parroci separati e limiti distinti”. Qualche anno più tardi, però, in attuazione del piano diocesano di riordino, le parrocchie della Terra di Simeri venivano ridotte a due: quella della Collegiata nel Vaglio e quella di S. Infantino alla Grecia.

Nel “Regesto Vaticano per la Calabria” di padre Francesco Russo è precisato che alla Grecìa era attivo un ospizio di mendicità e degli ammalati, dedicato a San Giacomo, mentre la più grande delle7 chiese di Simeri, quella di Santa Maria dell’Itria o Odigitria (Colei che indica il cammino) era stata la prima, in Calabria, ad essere elevata a insigne collegiata, con bolla di papa Eugenio IV, nel 1440, ancor prima di quelle di Cropani e di Taverna.

Negli “Atti delle visita in anno Domini 1555” del vescovo di Catanzaro, monsignor Ascanio Gilardino, l’arciprete d. Pietro Arnone conferma che la Chiesa parrocchiale sotto il titolo di Santa Maria Cattolica, era di jus patronatus del feudatario di Simeri. Quindi accompagna il presule nell’ispezione delle altre Chiese: di San Nicola, di S. Angelo, dello Spirito Santo, dell’Annunciazione, di Santa Domenica, di S. Giacomo (con relativa confraternita e hospitale pauperum, diretti da d. Pietro Lucà), di S. Maria di Calisto, di S. Filogonio, dei Santi Cosma e Damiano, di S. Luca, di S. Donato, di Sant’Infantino.

                                                           Portale della chiesa collegiata di Simeri con lapide del 1751

Nella Relatione ad Limina Apostolorum della sua visita del 1786/7, il vescovo di Catanzaro e presidente della Giunta di Cassa Sacra, barone d. Salvatore Spinelli, annota in italiano (e non in latino, come nel resto della relazione), a proposito della Collegiata: “Ritrovandosi interamente rovinata, non si può affatto officiare. Ella è di Patronato dell’illustre barone di questa Terra di Simeri […] Interinamente si officia dai canonici in una Baracca destinata per uso di Chiesa […] L’intero Capitolo è composto da tre Dignità e otto semplici Canonici”. Era Convisitatore e Vicario pro-tempore il teologo e abbate della Collegiata di Cropani, d. Giovanni Vincenzo La Monica, coadiuvato dall’arciprete d. Giuseppe Marino, dal cantore e vicario foraneo d. Filippo Governa e dal tesoriere d. Sebastiano Tiriolo. Risultano presenti, inoltre, i religiosi: padre Rosario Costanzo e frate Domenico Palaia dell’ordine dei Predicatori nonché il frate cappuccino Bernardo della Terra di Miglierina. La Relazione   –  pervenutaci incompleta –  fa riferimento alla visita a una “chiesa filiale sotto il titolo dei Sette Dolori di Santa Maria” e precisa che “nihil fuit mandatum [ …] et laudavit omnia”.

Nell’inverno del 1788 un terribile morbo epidemico (tifo delle acque putride o delle carceri) infuriò nel casale di Crichi, provocando la morte di oltre 40 persone.

L’anno dopo, il parroco della parrocchia di Sant’Infantino, d. Filisterno Vecchi, chiedeva alla Regia Giunta di Cassa Sacra la liquidazione della congrua stabilita da S.M, Dio guardi.

Una ulteriore conferma della natura giuspatronale della principale Chiesa del Vaglio è contenuta in un altro documento dell’Archivio di Stato di CZ, Regia Udienza (3): una lettera dell’avvocato fiscale, Saverio Del Vecchio, alla regia corte, datata Soveria 24 agosto 1775, con la quale si fornivano favorevoli referenze su d. Bruno Grande di Soveria, candidato alla carica di suddiacono. “Riguardo al numero de’ Prejti appurai ancora che sono 16 comprese le tre Dignità […] quattro parrocchie […] a Simeri non vi sono altri che possono ascendere al subdiaconato. […] D. Bruno giovane di 25 anni dotato di un ottimo costume e di molta capacità, tiene un altro fratello laico e due sorelle […]”. (4)

Nel Catasto Onciario del 1741 (5), lo stato delle anime delle parrocchie risulta così distribuito:

a) Parrocchia della Collegiata, 223 anime affidate alle cure di 6 religiosi e 3 Dignità (l’arciprete d. Antonino Elia, il cantore d. Giuseppe Mercurio, il tesoriere d. Gaetano Vento),

b) Parrocchia di S. Infantino, 195 anime (parroco d. Domenico Tropeano), c) Parrocchia dei Santi Cosma e Damiano, 81 anime (parroco d. Pietro Sciumbata), d) Parrocchia di S. Leone 110 anime (parroco d. Giovanni De Errico) (6).                                                La popolazione della Terra di Simeri rimaneva pressoché costante durante tutto il Settecento, nonostante le pestilenze e i frequenti terremoti, come quello del 1744, che compromise fortemente la Collegiata, come risulta dalla lapide marmorea del 1751, che recita: “  Eclesiam Collegialem insignem de iure patronatus illustrium Marchionum terre Simari Sebastiani martiri dicatum ob flagelli terremotus de anno 1744 collapsam in partem…..restauravit eccellentissimus marchio dn Xaverius Barretta e ducibus Simari… anno DNS 1751

La cappella più importante dell’insigne Collegiata era quella del patrono San Sebastiano, che possedeva il beneficio di 500 messe all’anno; “connessa col tesorierato, possiede cespiti e un reddito considerevole e si amministra dai curati scelti ogni anno dal marchese pro tempore e confermati dalla curia. Dentro il gradino dell’altare si conserva l’insigne reliquia dello stesso Santo”.

Spuntava l’alba del 5 febbraio 1783 e sotterraneo cupo ruggito sentivasi vagare in quasi tutte le Terre calabresi, foriero di scosse desolatrici […] quand’ecco d’improvviso sul mezzodì agitarsi di vario moto la terra, e in men del baleno, valli e monti si squarciarono, città e villaggi si sfecero, inabissarono e tutto il popoloso e il ferace territorio fu avvolto nel terrore e nel nulla [….] le poche genti scampate all’eccidio vagavano nei campi e sui colli in cerca di più stentata fine”, annotava Achille Grimaldi nel 1863. “Monti emersero e altri disparvero, fiumi inabissarono e immense voragini di 6 miglia larghe si formarono […] Vetuste e cospicue cattedrali distrutte dal furore dei tremuoti […], il convento di S. Domenico di Soriano, la certosa di S. Stefano del Bosco, il duomo e la badìa di Mileto. 200 paesi sparirono, 48.341 furono le vittime del terremoto e della successiva epidemia, 200 laghi si formarono[…]”. Dall’ “Indice Generale” di Giovanni Vivenzio ricaviamo che lo Stato di Simeri fu distrutto con riserva di poche case.                                      Con dispaccio del re Ferdinando IV del 15.5.1784, vennero aboliti gli enti ecclesiastici della Calabria Ultra con meno di 12 monaci: i beni furono incorporati nella Cassa Sacra, i religiosi trasferiti in altre provincie, le monache restituite alle case paterne o sistemate presso famiglie agiate.

Dalle carte del Vicario Generale Francesco Pignatelli e di Giuseppe Zurlo, la Calabria contava oltre 1000 monaci, 500 monache e addirittura “5000 preti e 2000 e più luoghi pii”.

Furono incamerati al patrimonio statale le proprietà dei conventi e dei monasteri, le rendite delle badie, le proprietà delle congreghe laicali, le rendite dei vescovati vacanti, per essere amministrate direttamente dalla Giunta di Cassa Sacra di Catanzaro.

L’inventario dei beni delle Liste di Carico della Cassa Sacra evidenzia la grande concentrazione fondiaria nelle mani del clero dei 50 Riparti e presenta il seguente prospetto delle 207 unità fondiarie ecclesiastiche di Simeri: 1) la cappella del Patrono ha intestati 14 fondi per 379 tomolate, 2) il convento dei Cappuccini (7), 1 fondo di 12 tomolate 3) la confraternita di san Giacomo, 60 fondi per 494 tomolate, 4) il convento di san Domenico 104 fondi per 1.212 tomolate. La cappella di S. Antonio era gestita dall’arciprete Elia con incardinate 75 messe all’anno; l’altare di Sant’Anna era “di giuspatronato della famiglia Dardano, con annesso Beneficio del Rev. Ignazio Astorino di Catanzaro, il quale ha l’obbligo di celebrare tante messe quanti sono i fratelli beneficiari”. “L’altare di S. Gregorio, è della famiglia De Pagano ed è beneficiario il rev. D. Gaetano Vento”; l’altare di S. Bartolomeo Apostolo, già della estinta famiglia De Sances, è “libera collazione del rettore beneficiario arciprete Elia”. L’altare della Santa Croce è di giuspatronato del marchese, quello di San Leonardo è gestito dal rettore beneficiario Carlo Innocenzo De Errico; l’altare di Sant’Innocenzo non ha l’obbligo di messe, “tuttavia in esso si celebra la domenica e i giorni festivi a carico dei beneficiari semplici di San Pietro e di San Nicola di Pezzano […]. Nell’arca dell’altare riposano le insigne reliquie delle ossa del Corpo di S. Innocenzo, dato dal magnifico Marco Antonio Carvello”.

Dalla Relazione della visita apostolica del 1737 risultano aperte al culto le chiese del Vaglio di S. Domenico o dei padri predicatori, la chiesa parrocchiale di Santa Domenica, la chiesa di S. Giacomo e quella dei santi Cosma e Damiano.

Presso l’Archivio di Stato di Crotone è custodita una relazione del padre priore del convento di Santa Caterina dell’ordine di S. Domenico del 17 dicembre 1650, che così inizia: “Il convento fù fondato nell’anno 1492, li quali fondatori furono il patre fra Girolamo di Taverna di casa Teotonico et fra Paulo Cutugno di Crosìa con il bene placito assenso et consenso dell’Università di Simeri e dal E. del S.r. d. Sancio di Aierba Utilis Dominus et dalla Confraternità di Santa Catharina et dal Vescovo di Catanzaro ut in Istromento. Il convento è dentro la Terra di Simeri sotto il titolo di Santa Catharina nel loco detto baglio et proprio nella piazza pubblica una chiesa con tre dormitori in clausura tenendo stanze quindici dalla parte di sopra et nella parte di sotto vi sono otto stanze fra officine magazeni et sagrestia di confrati et è frequentata la nostra chiesa da tutto il popolo. […] tiene il convento censi annui e perpetui, giardini di gelsi, la cerza Polidoro, vignali […] 388 tomolati a Roccani, Masi Campia, lo granato di Soveria, a Crichi …. ” (8) .                Diversi “tenimenti” risultavano gravati da usi civici. Al convento era annesso un Monte dei Morti, un Monte di maritaggio per le ragazze povere e per i projetti, oltre a un baliato, per i quali l’Università pagava la tassa di 20 ducati ogni 1000 abitanti. Giuseppe M. Galanti, in “Giornale di viaggio in Calabria al 1792”, scriveva: “Le balie si pagano alla ragione di carlini nove al mese per tutti li tre anni; dopo in parte si allattano dalle stesse balie; gli altri si liberano a discrezione alla mendicità e alla vagabonderia. L’uso è di esporli abbeverati di oppio. (9) Ordinariamente si adottano da’mariti delle nutrici”, potendo intascare anche il contributo di pochi carlini.

Presso la Segreteria Ecclesiastica della Cassa Sacra (ASCZ) sono custodite diverse cartelle riguardanti le chiese di Calabria Ultra: in particolare la cartella n°1 (fasc.10) relativa a Simeri, contiene la relazione del 1792 dell’Officiale Sansò e le copie di bolle parrocchiali; la cart. 72 (fasc. 1690) contiene lo stato di ciascuna chiesa di Calabria Ultra dell’anno 1792; la cart. 35 (fasc. 697) ha il notamento dei mobili e dei sacri arredi dei Luoghi Pii (Congregazione dell’Addolorata e Cappella della Visitazione) di Soveria; la cart.19 (fasc. 353) con Luoghi Pii di Sellia del 1784-5 (d. Giuseppe Biamonte economo curato e Domenico Lostumbo sacerdote); la cart.45 (fasc. 1037) conserva le carte relative alla riedificazione della chiesa parrocchiale di S. Nicola di Sellia e della filiale del Rosario. Infine la cartella 45 (fascicolo 1029), contiene gli Atti relativi alla riedificazione della chiesa parrocchiale di Crichi dell’anno 1789 con la perizia dell’ing. Claudio Rocchi, Direttore del Ripartimento di Catanzaro. “La chiesa del casale di Crichi ha la forma di un tempio semplice avendo di lunghezza il rettangolo di palmi 39 e di larghezza 33, il coro della lunghezza di palmi 20. L’altezza totale della chiesa è di palmi 39. Poiché parte del suolo di detta chiesa è incavato nel monte, da detto monte sorge l’acqua. Il picciol campanile (10) all’uso cappuccinate ha due campane”.

Era l’alba del XIX secolo: i parroci della Grecìa e di Sellia assicuravano il loro apostolato anche alla popolazione delle marine. Le orde sanfediste del card. Fabrizio Ruffo erano costrette a una sosta forzata presso il casino di Schipani di Feudo, nella loro marcia alla conquista della Repubblica Partenopea; l’anziano duca di Simeri, Giuseppe Barretta, alienava lo Stato feudale di Simeri, Soveria e Crichi a favore del barone Emmanuele De Nobili, “con istromento di compravendita del 24 agosto 1799, per notaio Ferdinando Caserta di Napoli. Non per forza o dolo alcuno, ma per ogni miglior  maniera”.                                                                                        “Tre sono i grandi mali della Calabria   –  aveva scritto Ferdinando Galiani nei suoi Pareri  – : la prepotenza dei baroni, la ricchezza della mano morta (patrimoni ecclesiastici), la selvatichezza e ferocia delle città e dei popoli.                                                                  Il cataclisma, le pestilenze e il ribellismo endemico delle masse angariate reclamavano un generale cambio di registro, non potendo bastare, ovviamente, la riconversione della gelsicoltura in olivicoltura e i piccoli aggiustamenti del latifondo. Anche in queste contrade giungeva l’eco della Rivoluzione Francese, quando, la notte 22 dicembre 1801, veniva ucciso a fucilate il vescovo di Catanzaro, Gianni Battista Marchese, per mano del nipote di un canonico del Capitolo. Napoleone era già alle porte! (11)

 

N O T E

  1. Archivio Storico Diocesano di Catanzaro, Relazione ad Limina del 1737. Tutti gli Atti delle Visite sono ricavati dallo stesso archivio.
  2. Tam de iure quam de consuetudine. Per Domenico Vendola “Rationes decimarum Italiae”, ancora nel 1202 e nel 1310 la Collegiata era una chiesa protopapale (Joannes Prothopapa Graecorum eiusdem castri Simari), con sacerdote uxorato, come da tradizione bizantina. Alla visita apostolica del 1737 fecero il loro atto di formale sottomissione anche 11 chierici locali (diaconi selvaggi). “Gran numero di chierici” aveva partecipato al tumulto del 1623, in occasione della visita a Simeri del vicario di Reggio, sempre per motivi connessi allo stesso diritto particolare, “onorifico, oneroso e utile”, che sarà cancellato dal diritto canonico solo nel 1983.
  3. Cartella G-202, sottocartella II, fascicolo XIII
  4. Bruno ottenne la licenza e nel 1787 fu nominato parroco della sua Soveria, ma in seguito fu costretto a lasciare quella Terra, per essere recluso nel convento della Santa Spina di Petilia.
  5. Grande Archivio di Napoli, Catasto Onciario del 1741/5.
  6. Popolazione: a) Simeri 788 abitanti e 3 vittime, b) Soveria 1450 ab e nessuna vittima,  c) Crichi 556 ab, lesionato alquanto e nessuna vittima, d)Sellia 1009 ab, e)Magisano 730 ab, f) Albi 770 ab e 2 vittime, Taverna 1931 ab e 6 vittime.
  7. Il Convento dei cappuccini di Simeri era stato fondato nel 1590 ad opera del principe Pietro Borgia, sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli. (Lo stesso titolo del convento di Sellia della congregazione degli Zumpani, per il quale il 6 ottobre 1750 papa Benedetto XIV aveva spedito un “Breve pro soppressione conventum”. Soppressi anche alcuni conventi di Taverna e della forania di San Pietro). Alla fine del XVIII secolo erano attive nella Calabria Ultra 450 parrocchie e 250 conventi.
  8. ASV, C, Stat. Reg. Relationes, 25. Andrea Pesavento, Archivio Storico Crotone.  Il convento dei Domenicani di Taverna, sotto il titolo di Santa Caterina, era stato fondato nel 1465. Il prestigioso convento di S. Domenico di Soriano fu ripristinato nel 1789 con l’obbligo della predicazione e dell’istruzione. Nel 1792 veniva accordata alla certosa di Santo Stefano del Bosco l’annua rendita di 5000 ducati: quell’eremo era stato fondato dai seguaci di S. Bruno di Colonia nel 1092 e il vescovo di rito greco di Squillace, Teodoro Symerio (abbreviativo di Mesimerio, cioè di Simeri), aveva accordato laute concessioni e giurisdizioni, con un diploma scritto parte in greco e parte in latino e l’assenso del conte Ruggero. Francisco Trinchera nel suo “Syllabus Graearum Membranarum” ricorda Theodori presbyter et prothopapa Simeri anno 6736 (Era della fondazione del mondo).
  9. mpapagnati, sedati con infuso di capsule di papavero a fiore violaceo, papaver somniferm, varietà glabrum.
  10. In origine il campanile era situato nella parte posteriore della chiesa (ove ora sorge la sagrestia), ma, poiché i rintocchi delle campane non giungevano ai fedeli nella campagne, l’anno 1795 fu spostato nella parte anteriore, in occasione della costruzione della seconda sepoltura.
  11. presso Arch. Diocesano CZ, sezione Vescovi, “ Brevis narratio piae mortis Joannis Baptistae Marchese, episcopi Catacen”, ricordato da mons. A. Cantisani in “Vescovi a Catanzaro” e da F. Faragò, in Calabria Letteraria 3/1978.