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MISURE E PESI CONSUETUDINARI

NEL PIANETA RURALE DELLA VECCHIA CALABRIA

         di Marcello Barberio

 

Nel Capitolo “Super mensuris” del 1508 della città di Palermo venivano denunciati in tutto il Viceregno “grandi abusioni di mesuri perchì in omni loco ténimo diversi mesuri”, nonostante l’editto di perequazione di re Alfonso il Magnanimo, “juxta forma di dicto capitulo”. In tutto il Regno di Napoli erano in vigore gli Ordinamenti di Federico I d’Aragona sull’uniforme osservanza dei pesi e delle misure e ogni Universitas (e camera baronale) era dotata di modelli campione, largamente contraffatti dal boicottaggio feudale, per cui per molto tempo ancora rimasero in uso gli oltre 400 sistemi di misurazione dei liquidi, accanto a quelli di distanza lineare e di superficie agraria (1).

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                                      La quartana

Tre secoli più tardi, la conversione delle misure tradizionali ai valori del sistema metrico decimale risultò alquanto difficoltosa, perché nelle campagne si continuava a misurare e a pesare in modo consuetudinario, utilizzando la libbra  e non il kilogrammo, la tomolata e non l’ettaro (Ha), anche perché l’astrattezza scientifica del nuovo sistema cozzava con l’analfabetismo diffuso e con le esigenze di materialità pratica dei contadini e dei venditori. Fino al 1809, perciò, rimasero in uso nel Mezzogiorno la quartana (1/10 della salma di vino, pari a litri 10,7), il barile (trasportabile a spalla o anche uno dei due colli da basto degli animali da soma, al pari dei “fiscini”), la salma, la botte, la libbra (di 12 e 13 once), il rotolo (misura di peso dell’imposizione tributaria).

I brogli risalivano alla notte dei tempi e sono documentati almeno dal VI secolo d.C., al tempo di Gregorio Magno, quando gli appaltatori dei beni ecclesiastici imponevano ai coloni il moggio di 25 sestari, in luogo dei 16 prescritti. D’altronde, il tomolo signorile, col quale i baroni e i loro ufficiali misuravano le granaglie ricevute dai vassalli e dai contadini all’atto d’incamerare le rendite, era più voluminoso di quello usato per le vendite.

Timete Deum!”  –   ammoniva San Bernardino da Siena  –  “ E non usate una canna per vendere e una per comprare!“. Il sopruso era talmente diffuso da scoraggiare ogni speranza di certezza dei valori delle misure, tuttavia alle istituzioni feudali affluivano numerosi ricorsi da parte delle Universitas (Comuni) contro gli abusi baronali.

Poiché fino a tutto il Medioevo il commercio si svolgeva prevalentemente a livello locale, il sistema di misura provocava pochi problemi e non presupponeva grandi variazioni, per cui restarono in uso in tutt’Italia le antiche misure romane, il cui sistema aveva per base il piede.

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                                              Staio

 

Gli antichi, infatti, facevano uso di molte unità di misura per organizzare il territorio, costruire ed  effettuare scambi: la loro praticità ed efficacia è dimostrata dal fatto che alcune di esse resistono ancora, seppur in modo marginale.

I Greci usavano il “passo” e lo “stadio” (il tratto percorso da un atleta senza ansimare, pari a circa 1.000 metri); i Romani per la misurazione delle distanze avevano come riferimento la lunghezza del pungolo per i buoi (chioviddu) e per i campi usavano lo jugero (terreno lavorato in un giorno da una coppia di buoi aggiogati, posti cioè sotto jugum), mentre per i liquidi usavano la libra (di circa 1/3 di litro). Il piede era la distanza tra l’estremità del calcagno e la punta dell’alluce (cm 30,48) ed era pari a 12 pollici (2) di 25,4 mm, il braccio era misurato dall’attaccatura alla spalla al polso, il palmo unito era la lunghezza di 4 dita unite, il cubito la distanza tra la punta del gomito e l’estremità del dito medio, la spanna la distanza dall’estremità del pollice a quella del mignolo, con il palmo della mano aperta. Le grandi distanze erano misurate in giornate di cammino.

Il campione del piede romano era custodito nel tempio di Giunone Moneta in Campidoglio; dal cubito romano, in uso nel commercio delle stoffe, nacque in epoca longobarda il “pes regis Liutprandi” o “piede di Liutprando”, il cui campione era intagliato in una colonna del battistero di San Giovanni in Firenze; la pertica era un sottomultiplo e l’anfora corrispondeva  a un piede al cubo (circa 25 litri).

Nel “De Agricoltura”, Catone ricorda anche l’hemina (1/12 di concio, cioè ½ sestario, pari a 1/32 di moggio, poco più di ¼ di litro). Agli schiavi erano accordati 4 libre di pane al giorno e 1 sestario di vino, che diventavano 3 hemine (un’anfora) al mese, durante i Saturnali e le feste campitali.

Nel Medioevo, in alcune realtà locali, si tentò inutilmente di pareggiare i pesi e le misure con campioni di marmo, di pietra o di metallo.

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Misure di tomolo, mezzalora e quarto nella pietra

 

In diversi codici medievali si fa riferimento non solo alle dimensioni del corpo umano, ma addirittura all’Effigia di Cristo (3); il braccio torinese e fiorentino corrispondeva a 1/3 dell’impronta della Sacra Sindone. Da un primo esame comparativo della metrologia antica con quella moderna ricaviamo i seguenti dati: a) la “Gia” greca corrisponde a metri lineari 1.638 e lo “Scheno” a 33,32 metri; b) la “Gia” (come unità di misura di superficie agraria) equivale a ettari 4,75 e lo “Scheno” a ha 0,11,105; c) il “Medimmo” equivale a 52,50 litri, esattamente come il tomolo crotonese (misura di capacità) e la stessa coincidenza si riscontra  tra il medimmo e la tomolata crotonese di 3.332 mq, come tra la Gia (misura lineare di 1.638 m.) e la menzalorata (mezza tomolata) di 1.666 mq. Per quanto attiene al sistema di misura romano, occorre risalire alla lottizzazione dei terreni secondo la tradizionale “centuriatio”: con la groma si tracciavano ortogonalmente il cardus e il decumanus, delimitando la centuria, cioè un quadrato di lato 710 metri (50 ettari di estensione). Nella colonia romana di Vibo, però, la centuria era un rettangolo di 16 x 25 acti, dove l’actus corrispondeva a 120 piedi, cioè il tratto di solco (“versura”) che una coppia di buoi aggiogati può arare senza bisogno di fermarsi per riprendere fiato. Lo iugero era un rettangolo di 1×2 acti, pari a 25 are attuali; 2 iugeri davano l’heredium, 10 eredia formavano una centuria.

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                          Stadera romana

 

L’unità di misura romana del peso era la libra (o il pondo) di 327,187 grammi, equivalente a 12 onciae (un’oncia era 27,265 grammi); due once formavano un sextans , mentre 80 librae davano un talentum di 26,175 kg. L’unità di lunghezza era il piede (pes), pari a 0, 2957 m; il passus era di 5 piedi (cioè m 1,479), il miliarum o mille passum (miglio romano) corrisponde a km 1,479. La misura di capacità era il sextaius di litri 0,54, ma le granaglie erano misurate col modus o staio (9 litri, cioè 16 sestari e 32 hemine).

 

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Nel Medioevo i campioni ufficiali venivano appaltati alle corporazioni, ai feudatari o alle Universitas; gli arrendatori procedevano alla punzonatura dei pesi e delle misure locali,

sotto forma di tassa: famosi gli arrendatori della lana e della seta di Catanzaro, al tempo della rivolta antispagnola di Masaniello a Napoli e di Carlo Pisano di Simeri in Calabria.

Si arrivò così, nel 1806, all’eversione della feudalità nel Regno di Napoli, con la perdurante confusione nel sistema di pesatura e di misurazione: si continuava, inoltre, a misurare alla colma e alla rasa e la colmatura era detta “buona misura del padrone”, corrispondente all’interesse (esorbitante, anzi “traboccante”), che mascherava il sopruso e l’usura del feudatario.

Il terreno veniva misurato con una corda di canapa, con i nodi che segnavano i sottomultipli della tomolata, cioè la menzalorata (1/2 tomolo), la quartata o mitta (1/4 di tomolo), la menzaquartata o stuppeddu (1/8 di tomolo) e u mundeddu.

 

               TAVOLE DI RAGGUAGLIO DI PESI E MISURE CONVENZIONALI COL SISTEMA METRICO DECIMALE

Misura dilunghezza Misura di superficie Misura di   volume Misura di capacitàper aridi Misura di capacitàper liquidi Misura di    peso
 Canna = m. 2,645     Moggio = mq 699,8684  Palmo cubo = mc. 0,078  Tomolo =  litri 55,54 Barile = 60 caraffe di botte o 66 al minuto =  litri 43,62  Rotolo = grammi 890,99
Palmo = m. 0,261    Palmo quadrato = mq 0,0699  Carricu =  2 fiscini     (corbelli) Tomolo crotonese =  l. 52,50 Cannata = 2 litri circa Libra romana = g.320,97
Miglio napoletano = m.2228 Tomolata di Gerace = mq.2502,79   Caraffa       d’once 27,143 = l. 0,72 Salma di CZ = 120 caraffe = litri 107,15 Cantaru =     Kg  90
Miglio romano = m. 1479 Tomolata crotonese = mq. 3332 (1/3 di Ha)    Staio =    litri 9 Botte d’olio = rotoli 454 + 2/3 = l.443,57 Oncia = grammi 27,265
Piede napoletano = m. 0,3349 Menzalorata = mq. 1666 (1/6 di Ha) Mittu = 1/8 di tomolo = litri            6,5 Barile di CS = 22 cannate = litri  22,29 Libbra calabrese =     ¼ kg
Piede francese = m. 0,324839  Mitta = mq. 415 Pisa = 9 tomoli = 20 rotoli al 33 Salma di RC  100 (quartucci) =  litri 107,15 Lanata = 3 rotoli di       lana
Pollice parigino = m. 0,027070 Quattronata di RC = passi quadrati 256,5 = mq. 1.144,27 Caraffa d’once 33 = litri 1,25 Salma di Gerace = 256 misure =     litri 109,72 Librella = 64 once di lana o 2 rotoli al sottile
Pollice veneziano = m. 0,0289779 Versura = 3.600 passi quadrati = mq.12.263,66    Coppu =      1/32 di            tomolo Litra = litri 3,5 (1/4 detto quartuccia)
Cafissa d’olio = 20 rotoli =        kg 15,8 =     l. 17,19
   Staru=    l. 10,81 =                          kg 9,206970

 

I termini tuminu (tumn), mundeddu (madd), quintale (quintàr), rotolo (ratl), cafissa (qafiz) di 15 litri di olio sono tutti di derivazione araba. Erano, altresì, in uso la litra per i liquidi (l. 3,51), u staru per l’olio (sovente di 10,5 litri), u cantaru di più di 100 rotoli, pari a circa 90 kg, la libra romana di circa 1/3 di Kg e la canna di 2,6metri. Il tomolo e i suoi sottomultipli esprimevano tanto la misura di superficie (mq.3332) quanto quella di capacità degli aridi (litri 52,50).

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            Lapide di ragguaglio pesi e misure, anno 1862

 

Nel 1791, l’Assemblea Nazionale Francese introdusse il Sistema Metrico Decimale come metodo universale di misura, anche per agevolare la circolazione delle informazioni scientifiche e tecniche; il British Imperial System rimase in uso nel Commonwealt e negli Usa, conservando le misure derivate dal corpo umano, cioè la yard (0,914 m), il foot (piede) di 30,48 cm, l’inch (pollice) di 25,4 mm. Già nel 1780, Cesare Beccaria, riprendendo il teorema di Eratostene di 2000 anni prima, aveva presentato alla corte milanese una “Relazione” per la riforma dei pesi e delle misure “derivate da quelle celesti”, più precisamente dalla frazione del meridiano terrestre che collega il Polo Nord con l’Equatore, passando nei pressi di Parigi.

I Francesi diffusero il sistema decimale in tutta Europa: in Sicilia fu adottato nel 1809 da Ferdinando III di Borbone e nel resto del Regno di Napoli fu formalmente introdotto (5) nel 1840, con legge del 6.4.1840, che, all’art. 2, così recita: “la base dell’intero sistema, il palmo,  è la sette milionesima parte di un minuto primo del grado medio del meridiano terrestre ovvero la sette milionesima parte  del miglio geografico d’Italia. Esso sarà diviso in parti decimali, e 10 palmi costituiranno la canna. La canna lineare, la canna quadrata e la canna cuba sono le unità di misura di lunghezza, di superficie e di solidità: la prima è uguale a 10 palmi lineari, la seconda a 100 palmi quadrati e la terza a 1000 palmi cubi.[…] Rapporto col sistema metrico decimale: 100 metri uguagliano 378 palmi e quindi un palmo è uguale a metri 0,26455”. La legge precisa ancora: “L’unità di misura delle superficie agrarie sarà il moggio di 10.000 palmi quadrati e sarà diviso in parti decimali […] Il tomolo è l’unità delle misura di capacità degli aridi, equivale a 3 palmi cubi e si divide in 2 mezzette e in 4 quarte oppure in 25 misure, ciascuna delle quali eguaglia  il cubo del mezzo palmo. La misura degli aridi sarà sempre praticata a raso e non a colmo. Il barile è l’unità di misura di capacità di alcuni liquidi, come il vino, l’aceto e l’acqua e si divide in 60 caraffe. Esso equivale a un cilindro retto del diametro di un palmo e di 3 palmi di altezza. La botte si compone di 12 barili […] L’olio sarà sempre misurato a peso, a cantaia, a rotola ed a frazioni decimali di rotolo […] Allo staio e alla salma sono sostituiti i pesi  di 10 rotoli e di 100 rotoli […] Il rotolo è l’unità di misura pe’ pesi e si dividerà in parti decimali: la sua parte millesima è il trappeso. Il cantaro si compone di 100 rotola. Rapporto col sistema metrico decimale: 1 rotolo uguale a chilogrammi (kg) 0,890997 […] L’antica divisione del rotolo in once è abolita”.

Si stabiliva infine:” L’unità usuale di misura lineare è il metro, il cui valore è di 3 piedi, 11 linee, 44 centesimi”. Il sistema metrico decimale fu introdotto in Piemonte nel 1845 e successivamente fu esteso a tutti i territori annessi, tuttavia ancora oggi, nelle campagne, all’unità di misura agraria (ara di 100 metri quadri, ettaro di 10.000 mq e centiara di 1mq) si continuano a preferire le misure consuetudinarie, per cui, ad esempio, un ettaro (ha1) è equiparato a 3 tomolate, convenzionalmente considerata di mq 3.333,33.

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           Giare e strumenti di misura dell’olio d’oliva

 

Nel 1890 fu disposto che i pesi, le misure e gli strumenti usati in commercio dovessero essere sottoposti  –  da parte degli ispettori metrici  – a due tipi di verifica, una iniziale e un’altra periodica: la vigilanza era affidata ai vigili annonari. Nel 1960, con la costituzione del Sistema Internazionale (S.I.), si stabilì di riferire la lunghezza del metro alla lunghezza d’onda della luce emessa dal gas cripto; nel 1983 il Bureau International des Poids et Mesures  de Sévres così fissava le unità di misura delle  7 grandezze fondamentali: lunghezza/metro, tempo/secondo, massa/chilogrammo, intensità di corrente elettrica/ampère, temperatura/Kelvin, luminosità/candela, quantità di sostanza/ mole.

Tuttavia non è difficile incontrare ancora qualche massaro calabrese intento a misurare il terreno con la corda di canapa e a tracciare col “chioviddu” la lunghezza della versura per i paricchi di buoi aggiogati all’aratro.

 

N O T E

 

(1) Importanti fonti di ricognizione sono: il Catasto Onciario di Carlo di Borbone del 1741 e seg e quello di Gioacchino Murat  del 1809, entrambi descrittivi e non geometrico-particellari.

(2) Il pollice equivaleva alla lunghezza di 3 grani d’orzo secchi. Col seme di carrubo (sciusceddu) si determinava ab antiquo il carato degli ori.

(3) Guzzelli, “Le misure lineari medievali e l’Effigie di Cristo”, FI, 1899.

(4) Attualmente sono in uso i seguenti sistemi di misura: a) sistema pratico m.k.p.s.(basato su metro, minuto secondo e chilogrammo-peso: correntemente utilizzato dagli ingegneri), b) sistema Giorni o m.k.s.(basato su metro, minuto secondo e grammo-massa), c) sistema c.g.s., basato su centimetro, minuto secondo e grammo-massa.

Multipli delle unità di misura: Kilo (1000), Mega (1.000.000), Giga (1.000.000.000), Tera (bilione), Peta (biliardo), Exa (triliardo ovvero 10 alla diciottesima)..

(5)  Di fatto era stato importato da Giuseppe Napoleone nel 1806, unitamente alle leggi eversive della feudalità.

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